La psicologia non è una disciplina che studia la mente umana indipendentemente da ciò che circonda l’individuo, ma è una scienza che si interfaccia con diversi ambiti di applicazione. Uno dei contesti in cui negli ultimi decenni sta crescendo l’interesse verso la psicologia è il mondo aziendale.
La psicologia nelle organizzazioni può subentrare a diversi livelli, quello più comune e conosciuto è il settore delle risorse umane. Tanti iniziano il percorso di studi in psicologia proprio con l’idea di ottenere una formazione adeguata al fine di comprendere il comportamento di un individuo all’interno di un’organizzazione per operare in termini di formazione e selezione delle risorse umane. Ma soffermarsi a questo aspetto rischia di essere riduttivo.
La psicologia del lavoro e delle organizzazioni è una disciplina che studia il comportamento delle persone nel loro contesto lavorativo e nello svolgimento dei loro compiti, tutto relazionato con i rapporti con l’azienda e con la sua cultura, con gli altri colleghi e con il proprio ruolo.

Si tratta, quindi, di una disciplina integrata che è in grado di studiare sia il funzionamento di una persona in rapporto al lavoro che svolge, e quindi le abilità e le competenze che possiede nel farlo, sia le dinamiche interpersonali e sociali che si verificano in un clima aziendale, quindi il rapporto che la persona intrattiene con le norme aziendali, con il funzionamento organizzativo e anche con i colleghi e superiori.
Lo scopo dello studio dei comportamenti dei soggetti nel contesto lavorativo è plurimo e si riferisce alla possibilità di potenziare e migliorare le prestazioni lavorative, di facilitare il benessere lavorativo (vantaggio fondamentale per le organizzazioni) e di migliorare le competenze, le relazioni e la comunicazione.

Per la psicologia è importante parlare di lavoro in quanto il lavoro è, oltre ad un mezzo di sostentamento economico, un valore con significato simbolico in quanto non legato solo al guadagno. Infatti, il lavoro per molti rappresenta la normalità e occupa molto spazio nella vita, decretandone una routine.
Pensate, ad esempio, quando siete in vacanza e perdete la cognizione del tempo: tutti i giorni sembrano weekend e vi sarà capitato di chiedervi “ma che giorno è oggi?”. Questo avviene perché l’attività lavorativa, che per la maggior parte delle occupazioni si svolge durante la settimana, decreta una routine nella nostra vita e quanto questa viene a mancare (per una vacanza o per la perdita del lavoro stesso) crea un disagio psicologico rispetto all’occupazione del tempo della giornata.
Negli ultimi anni, le aziende si sono mostrate sempre più interessate al benessere e alla salute dei propri dipendenti. Questo si è verificato negli ultimi 20 anni circa, in cui le organizzazioni si sono evolute e i lavoratori non sono stati più visti solo come strumenti per aumentare la produttività aziendale, ma come vere e proprie risorse indispensabili per il successo dell’organizzazione.
Il benessere lavorativo di ogni dipendente è fondamentale perché si mantenga un clima organizzativo benefico, che rappresenta lo stato di benessere di un ambiente e come questo viene percepito dalle persone che lo frequentano, e dal quale dipende la salute e la produttività dei lavoratori.
Il benessere lavorativo inizialmente era definito come “dipendente dalle cose che gli individui possono fare, dall’essere capaci. È l’essere competenti e abili che consente di determinare il nostro futuro.” Questa definizione è incompleta perché il benessere non dipende solo dall’autoefficacia percepita dalle persone (ovvero cosa ritengo di saper fare), ma è un costrutto più ampio e legato alla soddisfazione di bisogni e motivazioni personali che collimano con quelli organizzativi.
Infatti, è stata creata una seconda definizione maggiormente completa di benessere lavorativo, ovvero che “il benessere lavorativo è l’insieme delle norme culturali, dei processi e delle pratiche organizzative cha animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro, promuovendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale.” Questa definizione maggiormente completa introduce l’aspetto culturale e le politiche organizzative che sono un tema forte per il benessere lavorativo e che mancavano nella definizione precedente. Inoltre, introduce il fatto che i processi e le pratiche organizzative debbano garantire e promuovere la qualità della vita e il benessere dei lavoratori. Viene anche citata una dimensione sociale, la convivenza, che come abbiamo visto è importante nei contesti lavorativi in quanto il benessere individuale deriva anche dall’intrattenere buone relazioni sociali.
Ora forse sarà più chiaro quello che si intendeva prima con riduzionismo nel soffermarci sono al campo delle risorse umane. La psicologia del lavoro e delle organizzazioni opera su diversi piani nel contesto aziendale. Il ruolo dello psicologo in un’organizzazione non si focalizza solo sulle pratiche di formazione, coaching e selezione del personale, ma è una figura chiave e fondamentale per supportare il benessere lavorativo dei dipendenti e per migliorare il clima aziendale.

Dal momento che il mondo del lavoro è complesso, ci sono sicuramente alcune attività prioritarie che lo psicologo in azienda dovrà svolgere, soprattutto dal punto di vista umano come l’inclusione e le pari opportunità.
Le mansioni “classiche” e maggiormente conosciute che abbiamo già citato sono, poi, la selezione del personale in cui lo psicologo del lavoro ha il compito di progettare le prove da somministrare ai candidati (questionari, interviste, focus group, etc.) al fine di valutare le capacità e le competenze che essi possiedono.
In ambito aziendale, lo psicologo si può occupare anche dell’analisi del lavoro in termini di realizzazione di un profilo del lavoro (job description), ovvero di una descrizione dettagliata di tutte le competenze, i requisiti e le capacità che un lavoratore deve possedere al fine di occupare la posizione descritta. Questa attività è molto utile al fine di aumentare le probabilità che i lavoratori si candidino consapevolmente alla posizione in essere e questo permette di svolgere con successo le attività affidate al lavoratore senza il sussistere di sovrapposizione delle funzioni, fenomeno che in azienda compromette la produttività generale.
Un fenomeno che negli ultimi anni sta dilagando in campo organizzativo è l’interesse verso i rischi per la salute fisica e psicologica dei lavoratori. In questo senso, lo psicologo del lavoro si occupa anche della prevenzione dei rischi, ovvero dell’analisi delle risposte dei lavoratori a determinati fattori di rischio al fine di mettere attuare soluzioni che rendano il lavoro più sicuro.
Sempre negli ultimi anni, si sta sviluppando un nuovo campo di interesse in azienda, ovvero la valutazione del personale, intesa come valutazione iniziale del lavoratore, valutazione in itinere (in vista di una promozione, ad esempio) e valutazione dei risultati ottenuti in rapporto con quelli attesi. Questo processo di analisi e valutazione delle prestazioni dei lavoratori è importante al fine di decretarne i punti di forza ma soprattutto le lacune, le quali possono essere colmate attraverso specifici corsi di formazione o altre tecniche predisposte ad hoc per ogni singolo lavoratore.
Ci sono altre attività che lo psicologo del lavoro potrebbe svolgere in azienda, come lo studio della user experience e delle strategie di marketing e comunicazione, ma queste attività sono ancora in evoluzione e soprattutto sono ad oggi considerate di competenza di altri specialisti. Questo, è chiaro, non preclude la possibilità ad un esperto di psicologia di ricoprirne la posizione: il lavoro si crea, non c’è un solo sbocco occupazionale dopo un percorso di studi specifico!