I finlandesi sono tutti biondi, occhi azzurri e fisicat*, gli asiatici sono tutt* longilinei, occhi a mandorla e capelli neri, gli africani hanno tutti la pelle scura. I britannici hanno un forte black humor, i tedeschi sono molto pignoli e precisi. Chi viene da Milano parla un italiano “in corsivo”, chi viene da Napoli ha una lingua tutta sua. In quel gruppo di amiche sono tutte uguali. Io e le mie amiche siamo completamente diverse.
Stereotipi o tratti distintivi? La psicologia sociale identifica quel filone di studi che si preoccupa di indagare come l’individuo si approccia e si interfaccia con la società, degli scampi in cui viene coinvolto, delle dinamiche che innesca e del suo stesso essere come individuo entro un insieme di individui più o meno simili a lui. In termini accademici si possono distinguere la psicologia dei gruppi, la psicologia della comunità, la psicologia sociale vera e propria, sebbene sia impensabile poter ricondurre a un unico filone di studi quanto concerne l’individuo e la società.
Quanto appena asserito fa riferimento soprattutto al fatto che l’individuo si trovi ad interagire con altri simili e quindi con la dimensione sociale della propria vita in momenti, spazi e tempi differenti della stessa giornata, talvolta durante lo stesso momento: esiste una dimensione lavorativa, una dimensione privata, una dimensione relazionale amicale, una dimensione più o meno intima dedicata a quanto più ci appassiona, e via dicendo.
In tutte queste dimensioni la persona assume una propria identità –quanta coerenza tra sé reale e sé ideale?- identità che si adatta e si arricchisce sulla base dello scambio delle informazioni con il contesto e con le persone che lo compongono, dando vita a un entità in continuo divenire, dinamica, ma allo stesso tempo fedele a sé stessa – per quanto possibile e con riferimento alla stabilità dei tratti di personalità-.

Queste prime interazioni e scambi sono la base per quanto avviene successivamente, difatti a prescindere dal momento della vita in cui una persona si trova, la persona si troverà a identificarsi e ad appartenere a un determinato gruppo sociale. Infatti più o meno consapevolmente e volontariamente ogni individuo si troverà a far parte di un tal gruppo, quest’ultimo a sua volta potrà essere parte di uno più grande, e via così secondo la logica della “matrioska”. L’appartenere a un determinato credo religioso, il non appartenervi affatto, il vivere in una determinata regione, parlare una specifica lingua, frequentare una determinata scuola o avere QUEL gruppo di amici, e si potrebbe continuare per ore.
Tutto questo ci rimanda a quanto esposto inizialmente, perché diviene complesso distinguere quindi quanto possa essere definito stereotipo da quanto invece è identificato come identità di gruppo: i primi sono credenze in base alle quali un gruppo di individui attribuisce determinate caratteristiche a un altro gruppo, con la seconda invece si intende l’insieme di norme e credenze condivise all’interno di un medesimo gruppo sociale, il quale permette ai singoli di raggiungere una forza e delle capacità che non sarebbero raggiungibili individualmente. Pertanto la difficoltà nell’individuare le differenze degli outgroup risiede nel fatto che tendenzialmente si possiede una minore conoscenza e si rivolge meno attenzione ai dettagli rispetto ciò che non ci riguarda direttamente e/o che conosciamo poco.

L’individuo nel momento in cui interagisce con il proprio gruppo ingoup (Tajfel et al., 1971), –desclaimer: i gruppi a cui la persona può appartenere sono innumerevoli, e ognuno le fornisce ciò di cui ha bisogno in quel momento-, entra a far parte di un inconscio collettivo che permette ai propri membri di potenziare le proprie singole capacità. Si innesca in questo modo ciò che in psicologia viene chiamato profezia che si auto-avvera, quel meccanismo per cui la credenza che una persona possiede è così forte che più o meno inconsciamente la persona si comporta in modo tale da avverarla, è così che nel momento in cui una persona sente di poter far parte di un determinato gruppo –come si scelgono i gruppi?- inizierà ad adottare una serie di atteggiamenti e accorgimenti che nel medio-lungo periodo la faranno sentire sempre più parte integrante di esso, il gruppo a sua volta sarà sempre più propenso ad accettare il nuovo membro.
I gruppi sociali sono organizzazioni più o meno stabili e rigide, nelle quali è naturale si distinguano dei ruoli e delle norme, si sviluppino più o meno formalmente delle regole alle quali adattarsi e da osservare e dei simboli e riti da rispettare.

Sentirsi parte di un gruppo significa accettare e accogliere quanto questo può offrire, significa interiorizzare e fare proprie le credenze e gli atteggiamenti assunti e condivisi. I motivi per cui un individuo sceglie di far parte di un determinato gruppo sono in parte spiegati da Maslow (1954), il quale con la sua piramide dei bisogni indica in chiave gerarchica quali sono i bisogni a cui l’individuo tende a dare la priorità:
- alla base ci sono i bisogni fisiologici e biologici di sopravvivenza, come mangiare, bere e riprodursi;
- seguono quelli di sicurezza e protezione;
- succede il bisogno di appartenenza;
- poi quello di stima e riconoscimento sociale;
- infine il bisogno di autorealizzazione.
I bisogni centrali, di sicurezza, appartenenza e stima, sono palesemente risolvibili attraverso l’appartenenza a un gruppo, il quale appunto ci fornirà il senso di sicurezza necessario per poter risolvere e adempiere ai bisogni e compiti successivi, necessari al raggiungimento della piena autorealizzazione personale.

I gruppi e l’individuo come membro di essi non sono solo luoghi fisici, ma possono essere anche ambienti virtuali, community, entro le quali intervengono ulteriori meccanismi e costrutti psicologici nella creazione di nuove identità di sé e nuove modalità con cui il sé stesso si esprime e manifesta. Lungi da questa sede entrare nel dettaglio di ogni rassegna letteraria sulla psicologia sociale, sarà questo il luogo invece in cui verranno affrontate le sfaccettature e i collegamenti della questione con i diversi ambiti della vita quotidiana delle persone, con un occhio di riguardo rispetto quanto quotidianamente accade nel mondo. Le chiavi di lettura saranno plurime, sebbene la cartina tornasole sarà indubbiamente quella del benessere e di come quest’ultimo possa essere ricercato e trovato in ogni aspetto della propria vita.