Il Neuromanagement: un ponte tra le neuroscienze e le aziende

Ci sono diversi inglesismi che ormai nella nostra cultura e nel nostro linguaggio sono diventati più che familiari, in particolare nel contesto lavorativo. In questo settore, uno dei termini inglesi maggiormente usati è “management”. Ma cosa si intende con management?

L’ambiente organizzativo è un contesto ampio e complesso che comprende una moltitudine di ruoli e figure, tra cui troviamo la figura del manager. I manager sono figure caratterizzate da alta direttività e responsabilità e possiedono competenze e conoscenze associate alla gestione delle organizzazioni e delle persone. Sono figure chiave in quanto responsabili anche del successo o dell’insuccesso dell’organizzazione.

Dai primi studi, prevalentemente critici, circa la classe manageriale è emerso che le tradizionali modalità di approcciarsi al management presentano diverse limitazioni, tra cui l’essere troppo concentrate sul versante razionale e tecnico, tralasciando quello emotivo e relazionale, sfociando così nel riduzionismo di un costrutto estremamente complesso. Da qui nasce l’idea di come le neuroscienze possano essere in grado di superare questa prevalenza razionale nel ruolo del manager, a discapito di quella più affettiva.

L’essere umano, infatti, non è esclusivamente un essere razionale ma nelle scelte compiute quotidianamente da ognuno di noi intervengono alcuni meccanismi impliciti (tra cui emozioni, abilità mentali e funzioni mentali) che agiscono fuori dalla nostra coscienza in maniera automatica e autonoma.

Esistono alcuni indici neurofisiologici che permettono di superare la razionalità e che consentono di misurare i meccanismi inconsapevoli e i processi mentali inconsci che originano dal nostro sistema nervoso centrale (cervello) e periferico.

Prima di giungere alla nascita della disciplina del neuromanagement, sono stati agiti molti sforzi di conciliazione del campo economico con quello psicologico.

La mente umana è, come noto, l’oggetto di studio della psicologia in generale. Le neuroscienze, disciplina psicologica, si concentra più nello specifico nello studio del cervello come centro che collega l’organismo con l’ambiente e che è in grado di produrre i processi mentali che caratterizzano il funzionamento della mente umana.

Negli anni, le neuroscienze sono state fondamentali per comprendere il funzionamento del cervello e le funzioni mentali grazie all’utilizzo di sofisticati strumenti di neuroimmagine e di elettrofisiologia. Sin dalla sua scoperta, questa disciplina è stata applicata a temi e oggetti di studio diversi, tra cui troviamo anche l’ambito organizzativo.

Dall’associazione delle neuroscienze al contesto organizzativo nasce il neuromanagement, una disciplina che consente, mediante strumenti e teorie delle neuroscienze, di studiare il comportamento organizzativo in particolare di agenti economici quali i manager.

Questo nuovo approccio conciliato consente di indagare tutti i meccanismi neurali impliciti che intervengono nei comportamenti e nelle scelte agite in modo da superare l’esplicito includendo processi impliciti nella valutazione di potenzialità e abilità di un individuo.

Ma vediamo insieme a grandi linee quali sono le tecniche neuroscientifiche di cui il neuromanagement si serve per studiare questi meccanismi impliciti.

Le neuroscienze dispongono di diverse metodologie che risultano essere particolarmente vantaggiose nel contesto organizzativo. Queste tecniche consentono lo studio della fisiologia umana, la quale è estremamente collegata al comportamento umano.

L’analisi e la comprensione dei processi psicofisiologici consentono di capire come le risposte comportamentali corporee siano influenzate da processi mentali ed emotivi controllati appunto dal sistema nervoso centrale (cervello). Le risposte fisiologiche sono difficilmente controllabili in maniera cosciente dal soggetto e possono essere rilevate mediante la registrazione di diversi indici centrali e periferici (tracciato EEG, sudorazione, battito cardiaco, pressione sanguigna, etc.) tramite l’utilizzo di strumenti elettrofisiologici o di neuroimmagine.

Negli ultimi anni, indagare questi meccanismi automatici mediate questi strumenti ha attirato l’attenzione di diversi settori. In particolare, le aziende si sono mostrate altamente interessate a questo tipo di indagine, in quanto è nata la consapevolezza di quanto i report esclusivamente comportamentali (es. questionari self report) presentassero diversi bias e diverse limitazioni rispetto al funzionamento in particolare degli agenti economici.

Questo accade perché chiedere a una persona “come ti comporteresti se ti trovassi in tale situazione” implica nella sua risposta una autovalutazione e un’interpretazione soggettiva del comportamento agito. Diverso è, invece, mettere la persona all’interno di una situazione e chiederle di agire mentre vengono rilevati con gli appositi strumenti gli indici del funzionamento cerebrale e periferico. Viene da sé che questo consente di ottenete dei dati oggettivi rispetto al funzionamento di alcuni meccanismi, soprattutto quelli impliciti, che guidano il comportamento.

La psicologia insegna che non basta soffermarsi a quello che si vede e di cui si è coscienti, perché dietro a ciò si nascondono una serie di meccanismi complessi che influenzano ogni fenomeno, ogni scelta e ogni azione. Ciò che sta dietro ad ogni fenomeno osservabile serve sia analizzato nell’implicito e nelle diverse forme in cui può manifestarsi.

Rendere consapevoli questi meccanismi inconsapevoli mediante strumenti in grado di farlo, è un valore aggiunto non trascurabile ed estremamente innovativo nel mondo aziendale e infatti negli ultimi anni sta crescendo esponenzialmente il numero di consulenze e ricerche neuroscientifiche in campo organizzativo.

La scienza economica e manageriale si è sempre soffermata alla mera considerazione della razionalità come guida per l’essere umano in tutte le scelte e le decisioni prese nella vita. L’avvento della psicologia prima e delle neuroscienze poi ha consentito di superare questa visione limitata, permettendo lo studio di tutti quei meccanismi automatici e inconsci che avvengono nel nostro cervello e che influenzano le scelte e i comportamenti.

Lo studio e la conoscenza dei meccanismi impliciti è fondamentale e può essere utile nel settore manageriale per sviluppare un percorso di formazione e perfezionamento integrato e completo che non trascuri nessun aspetto del funzionamento mentale umano.

Forse ora starete riflettendo sugli aspetti della nostra vita mentale di cui non siamo e non possiamo essere del tutto consapevoli. Nel nostro piccolo, qualsiasi scelta che facciamo è guidata sì da una componente consapevole ma anche da qualcosa di implicito e inconscio, legato a un ricordo, a un’emozione o a un’associazione che il nostro cervello fa da solo.

Pensate a quanto può risultare interessante e funzionale lo studio di questi meccanismi nel contesto organizzativo, in cui spesso i manager in particolare devono assumersi responsabilità e compiere delle scelte estremamente rischiose dal punto di vista economico e produttivo. Lo studio dei meccanismi impliciti è utile anche per capire e potenziare alcune funzioni mentali come l’attenzione, le funzioni esecutive, la memoria prospettica e non solo. Ci sono anche alcune skills particolarmente utili per la figura del manager e che possono essere potenziate, come il problem solving, il pensiero critico e il decision making.

L’applicazione di strumenti neuroscientifici in grado di rilevare l’attività del cervello e l’attività periferica (sudorazione, battito cardiaco) può essere funzionale per indagare la reazione implicita dei manager mentre compiono alcuni compiti in cui sono richieste queste skills e per strutturare un percorso di potenziamento o consolidamento di queste per aumentare la produttività e la potenzialità di ogni agente economico.

Sara Longhi
Sara Longhi

Dott.ssa Magistrale in Psicologia per il Benessere: Empowerment, Riabilitazione e Tecnologia Positiva

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