Preserviamo il benessere lavorativo

Come ogni 1°maggio è la giornata del lavoro.

Anche dal punto di vista lavorativo quest’anno non è stato semplice.

Perché?

Ho amici che sono in cassa integrazione da più di un anno e che per “colpa” di ciò hanno dovuto frenare il sogno di costruirsi un futuro. Ci sono persone che il lavoro l’hanno perso e ora faticano a vedere anche il futuro più semplice, persone che hanno provato a buttarsi completamente nel lavoro per non pensare al resto.

Vuoi o non vuoi, dunque, il lavoro rappresenta gran parte della nostra quotidianità. È per questo che è così importante e fondamentale trovare uno stato di benessere lavorativo.

È importantissimo a questo punto chiedersi se lavoro e benessere possano essere racchiusi in un unico concetto, in modo che le nostre giornate a sfondo lavorativo possano essere all’insegna del benessere.

In psicologia, di recente è stata focalizzata l’attenzione sullo studio di fattori in grado di favorire la promozione del benessere e della salute. Questo diventa un obiettivo fondamentale anche nel campo del lavoro e delle organizzazioni.

L’interesse verso il benessere del lavoratore è abbastanza prossimo a noi. Agli inizi del XX secolo il lavoratore veniva paragonato ad una appendice della macchina, a cui non era di conseguenza permesso esplicitare i suoi bisogni. Lo scopo era quello di raggiungere il risultato voluto senza tenere in considerazione alcun fattore umano, tantomeno lo stato di salute del lavoratore.

Ad oggi le cose sono cambiate (fortunatamente!) e gli studi sulla salute organizzativa sottolineano che vi è una forte interdipendenza tra tre diversi livelli:

  • L’individuo che viene inteso come una singola persona che non scinde la dimensione lavorativa dalle necessità e i bisogni della vita extra-lavorativa;
  • Il gruppo considerato come un insieme di persona all’interno del quale ognuno porta qualcosa di sé;
  • L’organizzazione portatrice anch’essa di una propria cultura e obiettivi.

L’attuale concetto di salute supera la separazione tra individuo e organizzazione, evidenziando come entrambi siano parte attiva. Questo evidenzia come la compromissione della ‘salute’ di uno può coinvolgere ed inficiare anche l’efficacia dell’altro. A dimostrazione sono stati condotti alcuni studi che confermano fenomeni di assenteismo, bassa motivazione, scarso impegno e fiducia nel momento in cui si verificano scarse condizioni di benessere organizzativo (Allen e Meyer, 1990; Meyer, Stanley, Herscovitch e Topolnytsky, 2002).

Oggi il concetto di benessere è legato ad una accezione prevalentemente soggettiva in cui è l’individuo stesso che progetta il suo benessere. Grazie a questa autocostruzione, come sottolinea Hutchinson (1997), il benessere psicologico può essere un grande predittore della performance lavorativa e soprattutto della importantissima soddisfazione lavorativa.

Un elemento fondamentale per il benessere lavorativo è dunque la soddisfazione lavorativa di ogni individuo.

Cos’è effettivamente?

La soddisfazione lavorativa può essere considerata come una risposta affettiva ad una serie di aspetti legati al mondo lavorativo. Emerge dal confronto dei risultati reali con quelli desiderati, aspettati e/o meritati (Cranny, Smith, & Stone, 1992). Ad esempio, la mansione, gli interessi ma anche la retribuzione, la possibilità di gestire il proprio tempo, il rispetto per l’identità personale sono tutti fattori che contribuiscono alla definizione la soddisfazione lavorativa.

Perché è importante che vi sia soddisfazione lavorativa?

In azienda e nelle organizzazioni, dunque, ogni singolo individuo vive la dimensione lavorativa come elemento costruttivo della propria identità personale e professionale. A dimostrare l’importanza della soddisfazione lavorativa sono alcuni studi che sottolineano come un lavoratore soddisfatto sia più motivato e si impegna maggiormente nell’attività svolta (Schleicher, Watt, & Greguras, 2004).

Un individuo soddisfatto all’interno della sua organizzazione sente un alto coinvolgimento e identificazione con il gruppo e con l’azienda. Tutti questi elementi portano, riprendendo l’inizio dell’articolo, ad un’alta soddisfazione e un appagamento nella vita privata, perché l’una influenza l’altra inevitabilmente (Avallone & Paplomatas, 2005).

Come potenziarla?

Considerando quello che ci siamo detti finora, emerge che il posto di lavoro è il luogo in cui si passa gran parte della quotidianità e questo influisce sulla vita privata. Nel momento in cui c’è un’alta soddisfazione lavorativa, aumenta il benessere psicologico dell’individuo.

A questo punto è facile pensare che la figura dello psicologo in azienda possa essere fondamentale non solo per la selezione e valutazione del personale, o per fare valutazioni di efficacia e performance. Sarebbe il caso di considerare la figura dello psicologo anche in azienda come colui che possa aiutare a superare alcuni momenti di difficoltà, potenziare le skills dei lavoratori, la cultura organizzativa dell’azienda, per fare in modo che il benessere degli individui possa crescere e di conseguenza il profitto aziendale.

Gaia D'Agostino
Gaia D’Agostino

Dottoressa Magistrale in Psicologia per il Benessere, Empowerment, Riabilitazione e Tecnologia Positiva

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