Realtà (s)oggettiva
Sappiamo che noi esseri umani non siamo spettatori obiettivi e infallibili della realtà. La
nostra percezione del mondo è influenzata da innumerevoli fattori come, ad esempio, il
nostro vissuto, le nostre credenze e le nostre emozioni.
Un’importante componente che influenza la nostra percezione è decisamente l’attenzione.
Questa funzione cognitiva è selettiva: ossia è in grado di inibire stimoli distrattori per
selezionare informazioni salienti.
L’effetto Cocktail party spiega, ad esempio, come in un ambiente rumoroso la persona riesca
a concentrarsi sul proprio interlocutore ignorando gli stimoli fastidiosi.
Il cervello umano, quindi, non può accogliere simultaneamente tutti gli stimoli che
l’ambiente esterno ci propone, ma deve selezionare quelli più salienti e importanti in un
determinato momento.
Questo processo andrà, indubbiamente, a intaccare la percezione e la memoria: sarà, infatti,
molto difficile percepire o ricordare stimoli esclusi dal processo di attenzione selettiva.
A dimostrarlo, ad esempio, è il famosissimo esperimento del Gorilla invisibile.
L’adattamento comporta errori
A queste perdonabili pecche che il nostro cervello commette, si scontra, però, la nostra
necessità di essere certi dei nostri processi cognitivi e della nostra percezione della realtà.
La nostra mente ha bisogno di sicurezze, per cui può capitare che essa metta in atto una
serie di errori cognitivi per non ricorrere a queste spiacevoli situazioni di dubbio.
L’incertezza, infatti, complica i processi decisionali e rende più difficile agire. Per adattarci
all’ambiente in alcune occasioni è più giusto ragionare sulle future azioni, in altre è u tile
mettere in atto automatismi.
Il nostro cervello agisce secondo un adattamento evolutivo: la selezione di stimoli permette,
ad esempio, di sfuggire a una possibile minaccia e di monitorare l’ambiente.
L’immagazzinamento delle informazioni e la categorizzazione di nuove attraverso
l’esperienza sono funzioni adattive, in quanto permettono di rendere più veloci e automatici
i processi dell’uomo.
Immaginiamo, ad esempio, quanto sarebbe lenta, limitata e complicata la nostra vita se ci
rapportassimo con qualsiasi porta che ci troviamo davanti come se fosse la prima che
vedessimo in vita nostra.
I bias cognitivi
I bias cognitivi sono gli errori cognitivi che tutti noi commettiamo a causa delle euristiche,
ossia delle “scorciatoie” o strategie adattive. Le euristiche permettono di rendere i processi
cognitivi più economici ed immediati, sono delle strategie intelligenti e adattive che possono
costare qualche errore o bias cognitivo.
Tramite i bias interpretiamo la realtà in maniera soggettiva, influenzati dalle nostre
esperienze, credenze ed emozioni.
Solitamente non ci rendiamo conto di mettere in atto questi bias cognitivi, ma possono
essere utilizzati, ad esempio, nei processi di vendita e di marketing.
Esistono circa 200 bias cognitivi, che possono essere suddivisi in 5 macrocategorie:
- Bias di giudizio,
- Bias della memoria,
- Bias della motivazione e del desiderio,
- Bias di decisione,
- Bias individuali o di gruppo.
Sebbene i bias cognitivi non siano necessariamente negativi, questi possono portare alla
formulazione di stereotipi negativi, pregiudizi ed errori di portata maggiore. Facilitano la
messa in atto di questi processi la mancanza di informazioni, la necessità di agire in brevi
tempi e la scelta delle informazioni selezionate e di quelle ignorate.
L’effetto Mandela
Per effetto Mandela si intende la convinzione collettiva che l’attivista e presidente
sudafricano sia morto durante la prigionia negli anni ‘80 anziché, come è effettivame nte
avvenuto, nel 2013.
Questo fenomeno è legato al fatto che il nostro cervello cerchi di “colmare” un deficit della
memoria tramite spiegazioni verosimili e plausibili al fine di non lasciare dei “buchi” in un
evento.
Esistono tantissimi altri importanti esempi di questo fenomeno:
- Da piccoli vedevamo i Looney Tunes o i Looney Toons?

- L’estremità della coda di Pikachu è gialla o nera?

- L’omino del Monopoly indossa il monocolo?

Per tutte e tre le immagini la raffigurazione a sinistra è quella corretta, ma esistono molti
altri esempi di questo fenomeno.
La spiegazione di questi falsi ricordi è legata a molti fattori: nel momento in cui non
ricordiamo alcuni dettagli a causa della poca attenzione prestata a questi, procediamo a
colmare automaticamente le lacune in maniera economica per il cervello, utilizzando
strategie cognitive veloci legate all’esperienza: ad esempio, abbiamo la tendenza ad
associare determinati elementi fra di loro (Solitamente il gentiluomo che indossa il cilindro
indossa anche il monocolo).
Teorie del complotto
Una teoria del complotto spiega l’effetto Mandela come causato da sperimentazioni del
CERN di Ginevra, le quali hanno causato il collasso della nostra realtà, la cui conseguenza è
stata lo spostamento dell’umanità in un mondo parallelo simile al precedente e questi falsi
ricordi costituiscono una traccia o rimanenza della precedente realtà in cui vivevamo.
Ovviamente questa teoria non si fonda su alcuna base scientifica, ma permette di aprire il
dialogo alla tematica delle teorie del complotto: infatti, questa teoria che vuole spiegare
l’effetto Mandela, come molte altre teorie del complotto, è legata al bias cognitivo della
proporzione, secondo cui vi è la credenza che avvenimenti grandi e importanti debbano
essere collegati a grandi cause. È, quindi, difficile credere che fenomeni catastrofici siano
legati, ad esempio, al caso o a cause naturali.
Prendendo ad esempio alcuni importanti avvenimenti della storia contemporanea possiamo
considerare alcune teorie complottistiche che hanno voluto spiegare questi fenomeni:
- La pandemia del virus SARS-COV-2 è stata al centro di varie teorie del complotto: si è pensato che il COVID fosse un’arma batteriologica utilizzata per decimare la popolazione e che i vaccini servissero a impiantare dei microchip in grado di controllare le persone;
- Il riscaldamento globale è stato collegato a materiali rilasciati tramite “scie chimiche”;
- Secondo alcune teorie l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy è stato organizzato dai servizi segreti americani.
Il bias della proporzione non è, comunque, l’unico elemento in gioco nella spiegazione del
perché si formulino e si aderisca a queste teorie, ma bisogna considerare un quadro più
complesso di fattori.
La consapevolezza dell’errore
In sintesi, sebbene possano portare all’errore, i processi automatici che il nostro cervello
mette in atto non sono un qualcosa da demonizzare, in quanto hanno permesso la
sopravvivenza e l’adattamento dell’uomo nell’ambiente circostante. L’errore umano è
qualcosa di accettabile e intrinseco nella nostra natura. Le euristiche possono essere molto
adattive ed efficaci nel caso in cui sia necessaria una risposta rapida allo stimolo o nel caso
non sia necessaria un’elaborazione più consapevole dell’informazione.
È, però, importante riconoscere e correggere queste euristiche nel momento in cui queste
portano, ad esempio, a stereotipi e pregiudizi. In questi casi, infatti, le credenze false e
irrazionali possono provocare pensieri e comportamenti nocivi, che potrebbero essere
facilmente evitati rendendosi conto del fatto che si stia mettendo in atto dei bias cognitivi.
Inoltre, come nel caso delle teorie del complotto, questi possono essere razionalizzati e
argomentati dalla persona, rafforzando così la credenza in idee non razionali.
Non è possibile per la persona evitare qualsiasi errore, ma è possibile rendersi conto di
quando si mette in atto un errore cognitivo, in modo da poter aggiustare il tiro e
comportarsi secondo questa consapevolezza.