Autostima e autoefficacia nel bambino: come riconoscerle e rinforzarle

Autostima e autoefficacia 

Autostima e autoefficacia sono due costrutti psicologici fortemente correlati, ma ben distinti. 

Per autostima si intende la consapevolezza di essere degni di amore e di valore. Questo concetto nasce fin dalle prime relazioni con l’altro, in particolare con le figure genitoriali. L’autostima si plasma e si modifica nel corso della vita attraverso le esperienze vissute e i rapporti con gli altri. Secondo alcuni studiosi, i livelli dell’autostima di una persona dipendono molto dalle differenze fra l’immagine che la persona ha di sé (anche detto sé reale) e l’immagine di come egli dovrebbe essere (ossia sé ideale). La troppa distanza fra il sé reale e il sé ideale causerà sofferenza nel bambino. Questo stato può essere derivato da eccessive aspettative nei confronti del bambino o nella svalutazione delle sue emozioni, caratteristiche e capacità. 

L’autoefficacia è un costrutto teorizzato dallo psicologo Albert Bandura, vuole descrivere quanto la persona si identifichi come in grado di affrontare e gestire determinati compiti. Possiamo quindi dire che l’autoefficacia è situazionale e si declina differentemente nei vari contesti.  

Ad esempio, il bambino può sapere di avere delle difficoltà nelle materie scientifiche nel contesto scolastico ma ottenere migliori risultati nelle materie umanistiche.  

Una bassa autoefficacia comporterà un minore impegno nel compito, sentimenti negativi e difficoltà nell’affrontare compiti considerati difficili.  

Il porsi davanti a un compito in una prospettiva così negativa può provocare la cosiddetta profezia che si autoavvera, ossia quando una persona, convinta del verificarsi di eventi futuri, altera il suo comportamento in un modo tale da causare tali eventi. 

Ad esempio, il bambino si autoconvince di non riuscire a far amicizia con i compagni di classe, a causa di questa credenza si isolerà o sarà scontroso nei confronti dei compagni di classe e come conseguenza questi ultimi lo allontaneranno. 

Possiamo quindi dire che l’autostima descrive come la persona si vede, mentre l’autoefficacia descrive ciò che la persona pensa di essere in grado di fare.  

Sebbene questi due costrutti non debbano necessariamente essere presenti entrambi in maniera positiva (posso considerarmi una persona valida anche pensando di non essere in grado di fare grandi cose e, viceversa, posso considerarmi in grado di importanti azioni ma avere una bassa opinione del mio sé profondo), è indubbio che solitamente un’alta autostima spinga a considerare se stessi ricchi di risorse e in grado di affrontare importanti sfide e il vedersi come persone generalmente capaci e valide porti ad avere una buona stima di sé. 

Come rinforzare autostima e autoefficacia 

  • Evitare di fare confronti con gli altri: il bambino potrebbe sentirsi sminuito dal confronto con gli altri bambini. Piuttosto che fare un paragone con gli altri coetanei, può essere motivante per il bambino paragonarsi al se stesso del passato, in modo da poter vedere i traguardi che è riuscito a raggiungere nel tempo. 
  • Offrire sfide adeguate: i compiti che vengono sottoposti al bambino devono essere all’altezza delle sue capacità. Porlo davanti a sfide troppo complesse sarà frustrante per il bambino. 
  • Non sottolineare solo gli errori: spesso quando si vede un compito parzialmente corretto, l’adulto non si complimenta con il bambino per la parte corretta, ma si limita ad evidenziare l’errore al fine di correggere il bambino. Sebbene sia importantissimo avere la possibilità di imparare dai propri errori, è anche giusto che vengano riconosciuti i traguardi del bambino. 
  • Validare le emozioni: si tende spesso a sminuire e demonizzare le emozioni come la rabbia o la tristezza, in quanto viste come negative. Frasi come “stai piangendo per il nulla” o “non hai motivo di essere arrabbiato” fanno sentire il bambino sbagliato a causa dei sentimenti che prova. Nessuna emozione è sbagliata, è però importante che il bambino impari, tramite il sostegno e il contenimento dell’adulto, a gestire e regolare le proprie emozioni. 
  • Non dare giudizi sulla persona: il “bambino cattivo” non esiste. Piuttosto che utilizzare frasi che descrivono il bambino nella sua interezza, è meglio considerare il singolo comportamento sbagliato e avviare una conversazione con il bambino sul perché un determinato comportamento non sia giusto. 
  • Supportare il bambino: congratularsi con il bambino per i suoi successi, incoraggiarlo nell’affrontare nuovi compiti e farlo sentire sempre valido come persona a prescindere dai risultati ottenuti. 

Francesca Sulis
Francesca Sulis

Psicologa clinica e psicogeriatra

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